17 ottobre 2022, 5:08 a.m.
PERCHÉ FACCIO CIO CHE FACCIO? (A QUALE SCOPO)
(Tradotto dalla mia animamica Gabriel)
Oggi ho imparato che ci sono due forme di vedere la domanda “perché” faccio o smetto di fare una certa “cosa”.
Possiamo domandarci da due forme, apparentemente “opposte”.
Dalla frustrazione e chiusura delle possibilità o dalla speranza e apertura al nuovo.
Quando lo scopo è dalla contrazione o frustrazione: la mia risposta è uff perché lo faccio se tanto… “non cambia niente, è sempre inultie, è sempre lo stesse, niente cambierà…” è la disperazione che parla. Lo chiamo scopo dell’“IO” (la contrazione) quello che vuole il controllo di tutte le cose, quello che si aggrappa al risultato, quello che crede di poter dirigere la realtà come se si trattattasse di un’orchestra, lo scopo condizionato e restrittivo, quello che pensa che deve succedere esclusivamente un’unica cosa, se no si sente frustrato. L’idea è che il risultato è stretto e limitato. È un risultato completamente condizionato da ciò che credo che deve succedere perché mi trovo in realtà aggrappato al risultato.
Invece quando ci domandiamo perché faccio questa “cosa” dal “SONO” (l’espansione) ed esco da quel condizionamento prestabilito e mi apro ad altre possibilità di “SUCCESSO” (risultati), quando mi chiedo da questa prospettiva, si apre davanti a me una gamma di infinite possibilità dove posso provare, e la ruota della prova-errore-apprendimento si trasformerà in un grande maestro per la mia evoluzione.
È un circolo virtuoso, perché conosco e sviluppo nuove virtù, azioni, capacità, che forse, molto probabilmente, non avrei sviluppato non conoscendo le mie potenzialità.
Cioè, una RUOTA di crescita ed evoluzione, sapere che il risultato corretto è inesistente, perché è l’esperienza stessa che ha la capacità di espandermi ed istruirmi.
È la strada verso il risultato ciò che fa sì che io mi sviluppi, che provi e riconosca in me nuove competenzez, nuove capacità.
Provare è sentire e vedere la vita da luoghi ed angolazioni diverse per provare così nuove sensazioni, per il solo fatto di essere incondizionato dal risultato stesso.
È permettersi di aprirsi all’esperienza stessa in libertà, senza condizionare il risultato, godendosi il fatto di essere vivi.
Imparare piano piano a divertirsi nei processi di azione e crescita, ci sarà sempre il vantaggio ed il guadagno. Faremo le cose liberi dai risultati, ciò che interessa è il processo che mi porta al risultato. Quella è per le la chiave del successo.
È PROVARE LA LIBERTÀ NEL NOSTRO STESSO CARCERE.
Nessuna invenzione in questa meravigliosa esistenza, sarebbe stata creata, se gli inventori si fossero fatti la domanda con gli occhi della disperazione e della frustrazione. Ti immagini Edison chiedendosi nei suoi 1132 tentativi per creare la lampadina, Uff!! Perché provo a fare la lampadina, tanto non funziona, non funzionerà mai.
Quel “perché” frustrato, che pensa solo all’unico modo di fare le cose condizionatamente. La disperazione limita, imprigiona. È il mio IO limitato che non permette di espandersi nel “SONO” che tutto vuole provare, sentire, odorare, sperimentare.
La formula per dare una risposta alla domanda “PERCHÉ” corretta è: fare le cose dal mio “IOSONO”, perché uno complementa l’altro, uno permette di essere l’altro; perché IOSONO